venerdì 28 settembre 2007

Like a lemon

Spremuta come un limone.
E’ così che mi sento, sempre più spesso.
Amo la mia professione. Mi dà una carica emotiva incredibile. Però l’ambiente in cui la svolgo no, non è dei migliori. Un capo virtuale (donna in carriera, mille amanti e mille capricci), colleghi molto poco... colleghi (per assenteismo, per incapacità), una segretaria (apriporta, risponditelefono, consegnacorrispondenza) e la sottoscritta. Tutti sanno ma tutti fingono di non sapere. Tanto c’è la scema che risolve sempre ogni situazione, ogni contrattempo, ogni imprevisto. A volte mi stupisco anche di me stessa e dell’abilità che dimostro in situazioni di emergenza che sono più frequenti di quanto la parola “emergenza” possa lasciare intendere.
Purtroppo è l’amore per il mio lavoro che mi frega.
E’ la passione con cui scelgo la copertina e decido gli strilli (lo dovrebbe fare il direttore), elaboro il timone (lo dovrei fare con il direttore), seleziono le foto (lo dovrebbe fare chi si occupa d’immagine), assegno gli articoli ai collaboratori, condivido le mie idee con i grafici, correggo gli impianti a video (lo dovrebbe fare un correttore di bozze), revisiono i testi altrui (che, spesso e volentieri, farei prima a riscrivere) o scrivo i miei. Una passione quasi febbrile, che trasforma ogni mia creatura nel vanto di altri. Eppure ho un semplice contratto da redattore ordinario. Stessa occupazione dei colleghi che guadagnano come me lavorando molto, ma molto, meno. Di fare il famoso “salto di qualità” non se ne parla. Anzi. Si fa leva sulla mia timidezza e sulla mia difficoltà a far valere (chissà poi perché) i miei diritti e le mie capacità.
Poi dicono la meritocrazia...
Lo so, lo so... non sono né il primo, né l’ultimo caso. Faccio parte della “massa” umana di sfruttati di lusso. Dietro una scrivania, davanti ad un computer più o meno di ultima generazione (un monitor da 17 pollici non è da tutti), con due telefoni, una poltroncina ergonomica. Entri alle 8,30 e, spesso, non sai a che ora uscirai. Eppure il contratto parla di 36 ore settimanali. Con la pausa pranzo (obbligatoria) e gli straordinari (rigorosamente non retribuiti) arriviamo a 40-42 ore. E se il limone fingesse di non avere più succo?
Volevo consigliare un libro. Da oggi lo farò ad ogni post.
“Segreti di lunga vita - centinaia di modi per vivere 100 anni” (Magazzini Salani).

5 commenti:

Unknown ha detto...

ma scrivi sempre così bene?
...ritieniti comunque fortunata...c'e' (forse i tuoi colleghi) che in una descrizione come la tua non potrebbero avere simile la prima parte, quella ricca di passione, tanto ricca di passione....per il resto sei simile a quasi tutti....pero' la prima svolta è che hai da poco aperto un blog.
in bocca al lupo!

LauBel ha detto...

grazie bigout!
leggere il tuo commento di lunedì mattina è stata una carica di energia...

supermacvale ha detto...

Meritoche???
E' che lavorare bisogna... checchè ne dica Silvano Agosti.
Ci vorrebbe più attenzione al singolo come persona umana, più attenzione alle sue necessità e ai suoi bisogni.. Telelavoro, orari flessibili... Chi è sereno lavora di più e produce meglio. Utopie...

LauBel ha detto...

@supermacvale
Il problema è - per lo meno dove lavoro io, ma credo sia atteggiamento abbastanza comune, ahimè - che pensano di doverti tenere costantemente sotto pressione con atteggiamenti alla "padre padrone", così da temere la situazione e comportarti sempre "alla fantozzi"... se penso al part time verticale, agli asili nido nelle aziende, al telelavoro... hai ragione tu: utopie belle e buone

supermacvale ha detto...

Già... Sono del parere che debbano essere fissati degli obiettivi da raggiungere, poi se li raggiungo in 8 ore o in 6 o in 12 sono affari miei... Invece bisogna essere lì, sotto lo sguardo del CAPO che conta quante volte vai in bagno. Forse non per tutti i lavoro è possibile la flessibilità ma per il mio (in quanto mi è sufficiente internet...) e molti altri sicuramente sarebbe un bel vantaggio: meno traffico, meno spese, meno scrivanie, meno uffici...
Continuiamo a sognare, un giorno forse...