domenica 9 settembre 2007

Un calcio (alla legge)

E’ la passione di milioni di italiani che, dopo una settimana di duro lavoro, cercano di rilassarsi guardano le prodezze della propria squadra del cuore. Il calcio piace e avvince, non c’è dubbio. Purtroppo, però, spesso si assiste ad uno spettacolo parallelo, quello offerto da formazioni di imbecilli che, puntualmente, ogni domenica, si scagliano contro loro stessi, picchiandosi e trasformandosi in pericolo per l’incolumità delle persone che desiderano, al contrario, vedere solo dello sport. Allora si grida allo scandalo, soprattutto quando le Forze dell’ordine, facendo il proprio dovere, si trovano a contare fra le loro file diversi feriti e, a volte, qualche caduto (vedi episodi di Catania). Si fanno giocare partite a porte chiuse o lontano diversi chilometri dalle proprie città convinti di dare una lezione ai tifosi più esagitati. Si fanno collette (in denaro) per riparare il dolore di quelle famiglie dove il loro congiunto non tornerà più, c’è un continuo tam tam delle reti televisive che condannano episodi di questo genere fino… a quando?
Negli stadi italiani ora si va con più sicurezza grazie a controlli più capillari, telecamere che riprendono le varie tifoserie, biglietti nominativi, il tutto per cercare di contenere episodi di violenza gratuita.
Che dire però dei protagonisti, i calciatori? Spesso e volentieri, infatti, non accettano le decisioni del direttore di gara (un fallo troppo duro o, magari, un provvedimento non condiviso) ed assumono un comportamento antisportivo ai limiti della decenza. Può capitare anche di lasciare il campo e reagire ad un banale sfottò con gesti maneschi e assolutamente inadatti al ruolo che vestono. Di certo, in questo modo, non danno l’esempio che dovrebbero soprattutto a quei componenti più facinorosi delle tifoserie che, sentendosi “appoggiati”, si credono autorizzati a comportamenti violenti.
Come si applicano le leggi dello stato per i tifosi devono applicarsi le leggi nei confronti degli stessi calciatori.
Anche in questo caso una legge dello Stato c’è.
Si tratta della 401/1989 secondo la quale “con riferimento a turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive” i provvedimenti vanno applicati anche “se trattasi di tesserati di federazioni sportive ed indipendentemente da ogni altro provvedimento di competenza degli organi della disciplina sportiva”.
La domanda è semplice: perché se un tifoso ne schiaffeggia un altro, provocando una rissa, vengono presi provvedimenti a seconda della gravità e delle conseguenze di tale accadimento e se invece ad assumere lo stesso comportamento è un calciatore (che magari colpisce uno stewart a bordo campo) non accade nulla?
Anche la risposta è semplice: si fanno le leggi e poi si cerca in tutti i modi di non rispettarle o di raggirale (“affidandole ad una valutazione giuridica” alla ricerca esasperata di cavilli e codicilli che la rendano inapplicabile, almeno a sentire quanto sostengono gli addetti ai lavori che, invece, dovrebbero essere preparati visto il ruolo che occupano) perché in ballo ci sono i soldi, parecchi, e si sa… il guadagno è al di sopra di tutto, anche della vita.
Le società di calcio non sono uno stato nello stato, ma ne fanno semplicemente parte. Ne sono un ingranaggio importante, non c’è dubbio, ma proprio come ogni singolo cittadino devono rispettarne le leggi.

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