
E’ così che mi sento, sempre più spesso.
Amo la mia professione. Mi dà una carica emotiva incredibile. Però l’ambiente in cui la svolgo no, non è dei migliori. Un capo virtuale (donna in carriera, mille amanti e mille capricci), colleghi molto poco... colleghi (per assenteismo, per incapacità), una segretaria (apriporta, risponditelefono, consegnacorrispondenza) e la sottoscritta. Tutti sanno ma tutti fingono di non sapere. Tanto c’è la scema che risolve sempre ogni situazione, ogni contrattempo, ogni imprevisto. A volte mi stupisco anche di me stessa e dell’abilità che dimostro in situazioni di emergenza che sono più frequenti di quanto la parola “emergenza” possa lasciare intendere.
Purtroppo è l’amore per il mio lavoro che mi frega.
E’ la passione con cui scelgo la copertina e decido gli strilli (lo dovrebbe fare il direttore), elaboro il timone (lo dovrei fare con il direttore), seleziono le foto (lo dovrebbe fare chi si occupa d’immagine), assegno gli articoli ai collaboratori, condivido le mie idee con i grafici, correggo gli impianti a video (lo dovrebbe fare un correttore di bozze), revisiono i testi altrui (che, spesso e volentieri, farei prima a riscrivere) o scrivo i miei. Una passione quasi febbrile, che trasforma ogni mia creatura nel vanto di altri. Eppure ho un semplice contratto da redattore ordinario. Stessa occupazione dei colleghi che guadagnano come me lavorando molto, ma molto, meno. Di fare il famoso “salto di qualità” non se ne parla. Anzi. Si fa leva sulla mia timidezza e sulla mia difficoltà a far valere (chissà poi perché) i miei diritti e le mie capacità.
Poi dicono la meritocrazia...
Lo so, lo so... non sono né il primo, né l’ultimo caso. Faccio parte della “massa” umana di sfruttati di lusso. Dietro una scrivania, davanti ad un computer più o meno di ultima generazione (un monitor da 17 pollici non è da tutti), con due telefoni, una poltroncina ergonomica. Entri alle 8,30 e, spesso, non sai a che ora uscirai. Eppure il contratto parla di 36 ore settimanali. Con la pausa pranzo (obbligatoria) e gli straordinari (rigorosamente non retribuiti) arriviamo a 40-42 ore. E se il limone fingesse di non avere più succo?
Volevo consigliare un libro. Da oggi lo farò ad ogni post.
“Segreti di lunga vita - centinaia di modi per vivere 100 anni” (Magazzini Salani).